Qualcuno Volò Sul Nido Del Cuculo



Qualcuno volò sul nido del cuculo (One Flew Over the Cuckoo's Nest) è un film del 1975. È tratto dal romanzo omonimo di Ken Kesey, pubblicato nel 1962L'autore scrisse il libro in seguito alla propria esperienza da volontario all'interno del Veterans Administration Hospital di Palo Alto, in California

La mia è un interpretazione molto personale, la feci pensando al significato comune che li si dà al cuculo come un uccello parassita, ma non capendo il suo collegamento con un manicomio, mi son cimentato a riflette oltre il perchè nell'America, "Il nido del cuculo" (the cuckoo's nest) al quale si fa riferimento nel titolo è una delle molte espressioni del gergo americano che indicano il manicomio. Il cuculo è noto per la sua peculiare caratteristica del parassitismo di cova. Esso consiste nel deporre il proprio uovo all'interno del nido di altri uccelli, questo perché il cuculo si nutre di un'alimentazione diversa da quella dei piccoli. Le uova somigliano molto a quelle della specie "ospite" ma il tipo di uova varia in base alla specie. Alla schiusa, che di norma avviene dopo circa 12 giorni, il piccolo del cuculo, con l'aiuto del dorso, si sbarazza delle altre uova non ancora schiuse presenti nel nido rimanendo quindi come unico ospite del nido. I genitori adottivi vengono ingannati da questo comportamento e nutrono il cuculo come se fosse un proprio nidiaceo per 2-3 settimane. 


Come potrebbe essere un manicomio il nido di un cuculo? Magari lasciarvi dei figli a cui noi non siamo capaci di attende (cibare) nè gestire. Ma se così fosse, di nidi ci sono tantissimi: la scuola, la chiesa, lo stesso Palazzo dei Ministri che ci governano, dove noi eleggiamo uno che risolva i nostri problemi. Il Cuculo non fa che risolvere un problema: evita la morte della cucciolata, ma facendolo procura la morte della cucciolata altrui. 

Per andare oltre questo apparente problema ci vuole che Qualcuno volì sul Nido del cuculo, che, paradossalmente, un nido non c'è l'ha. Quindi?



IN QUESTA CASA NON CI SONO TUTTI QUELLI CHE CI STANNO E NON CI STANNO TUTTI QUELLI CHE CI SONO.

Questa frase la lessi anni or sono nella mia infanzia, ed era giusto e proprio sul muro esteriori all'ingresso di un manicomio. Mi ha fatto molto riflette quanto fosse carica di ironia cinismo e verità. Più tardi pensai che era una frase da scrivere in tutti gli istituti, nelle chiese, monasteri, università, famiglie, palazzi di governi:  Non sono matti tutti quelli vi abitano e tutti i matti non stanno propri lì dentro. Non sono buoni tutti quelli che abitano un monastero e non tutti i buoni sono in monastero, non tutti i bravi ed intelligenti studenti sono nelle università e molti bravi ed intelligenti non si possono permettere di frequentare un'università, non sono colpevoli tutti i carcerati e non tutti i colpevoli sono in carcere... ecc... ecc... . Questa verità l'ha scoperta proprio il nostro protagonista: All'Ospedale Psichiatrico di Stato di Salem, nel 1963, arriva un uomo di nome Randle Patrick McMurphy. Il dottor Spivey, primario della struttura, spiega a McMurphy che dovrà essere trattenuto solo per essere vagliato, per determinare cioè se la sua malattia mentale sia reale o solo simulata. Lui che sembrava il parassita, il cuculo, che si finse demente per sfuggire il carcere (incapace di pensare e di volere) scopre che in quel manicomio ci sono dottori che fanno impazzire la gente per tenerseli sotto controllo ed esercitare il loro mestieri, quindi avere un nome, uno status quo e uno stipendio a discapito della salute mentale altrui; come molti professori che vogliono studenti ignoranti per poterli insegnare persino baggianate spacciate per sapienza, come fanno tanti missionario che inconsciamente ringraziano Dio che ci siano i poveri altrimenti con chi esercitare la loro carità e bontà? E che dire delle case farmaceutiche d'oggi che hanno clienti e non pazienti da curare?. Ecco i nidi del cuculo: strutture dove vengono allevati finti cervelli, posticce personalità, falsi idoli, vuoti personaggi (bastardi, figli altrui, cioè per scopi estranei) , sono i figli del cuculo che si spacciano per altri, per propri. Scuole dove governano professori che non sanno un bel nulla (ripetono come pappagalli solo quello che leggono nei testi), Chiese dove viene predicata la retta via da dei pastori immorali; senati congressi e governi pieni di politi ingovernabili, nullafacenti ed opportunisti che vogliono  soluzionare i problemi di un popolo a loro ignaro. Siamo pieni di nidi di cuculi, siamo pieni di nidiate storte, società fatte di civiltà incivili, di cervelli senza cuore, di cuori senza sentimenti. 


UBBIDIRE ALL'INGIUSTIZIA E' UN INGIUSTIZIA
Pur sapendo di essere sotto osservazione, McMurphy tiene in reparto un comportamento anticonformista verso le regole che disciplinano la vita dei degenti. e' un fuori legge. 

“- Lei è stato arrestato almeno cinque volte per aggressione. Cosa sa dirmi in proposito?
- Cinque combattimenti. Rocky Marciano ne ha fatti quaranta ed è diventato miliardario!”
 

Indirettamente McMurphy con il suo comportamento disordinato inizia s coprire il disordine e in caos con cui la classe dirigente gestisce il manicomio. Lui non prende la sua medicina giornaliera, sputandola in faccia ad un altro paziente:
“Non mi piace affatto l'idea d'ingoiare qualcosa quando non so che roba è!” 
Oggi nel manicomio sociale ci offrono la medicina giornaliera: il grande fratello, la partita di calcio, la sfilata di moda... sono tutti sonniferi pe tenere a bada la massa e no farla pensare, di fatto McMurphy precisa ai suoi compagni di manicomio: 
“Ma credete veramente di essere pazzi? Davvero? Invece no, voi non siete più pazzi della media dei coglioni che vanno in giro per la strada, ve lo dico io!” 
Infrangendo le regole McMrurphy dimosra a tutti che c'è un modo normale di vivere, anzi che è proprio quel modo controllato a renderli nevrotici e pazzi. 


LA FINZIONE DELLA SOPRAVVIVENZA
McMurphy si finge pazzo per scampare la condanna in carcere, scopre poi che Bromden, il corpulento che chiama grande capo e con cui fa una bella amicizia, si finge sordomuto. Alla fine fine tutti fingono qualcosa, persino i medici sono finti, non sanno orientare i pazienti verso la guarigione ma li fanno ammalare per poterci lavorare. Il film dimostra la tragicità dle mondo pirandelliano delle maschere: senza una maschera non sei credibile o quanto meno non saresti accettato senza rischi. 

IN MANICOMIO NON SI POSSONO FARE LE PAZZIE
McMurphy infrange tutte le regole, mette a repentaglio tutto lo scheda di ordine, sicurezza e quieto vivere del manicomio, le sue idee ed aspirazioni libertarie convincono tutti di essere più normali del normale, anzi persino persone rispettabili. McMurphy fa scherzi, scommesse di sigarette, runa l'autobus e li porta in gita, organizza una festicciola con tanto di bere fumare e puttane... insomma fa vivere ai pazienza una vita "normale" il che li rende vivi, allegri, sereni ma... questo per i governanti è un pericolo, per il reparto è un alarme di perdere il lavoro se non hanno pazienti da assistere. E' allora che scatta il piano di far impazzire anche McMurphy viene sottoposto ad elettroshock nel tentativo di placarlo: “Mi davano mille watt al giorno e adesso sprizzo faville. La prima donna che mi faccio l'accendo tutta come un flipper e alla prima botta quella mi va in tilt!”.


QUANDO IL MONDO DIVENTA UNA PRIGIONE
McMurphy si rende conto che l'ospedale psichiatrico non è un luogo adatto a lui ed è convinto di poterlo lasciare alla scadenza della pena; dopo 68 giorni, però, un inserviente gli fa notare che non è così. Allora McMurphy ritiene opportuno tentare la fuga. Vi ricordate quella canzone meravigliosa "Hotel California" degli Eagles? ecco il messaggio è lo stesso: credi di trovare la fugga in carcere, entri in un luogo dove scampare il pericolo invece te ne accorgi che non ne puoi più uscire. Sei materia prima ad uso e consumo di chi ti usa e ti governa: devi essere malato pe ri medici, colpevole per i giudici, peccatore per i capi religiosi, ignorante per i politici, povero per i missionari della Caritas, ma lì devi restare, non ti tirano fuori, devi essere loro dipendente, libertà zero. 

LA VERITÀ UCCIDE
E' pericoloso avere ragione quando chi ti governa è in torto. Il caso di Billy il balbuziente è emblematico: dopo la notte di baldoria, trovo nelle braccia e nel ventre della prostituta sfogo al suo non sentirsi amato e di conseguenza parla senza difficoltà, senza balbuzie. La caposala però reincarna il ruolo traumatico della madre che lo fa sentire sempre unitile e in colpa e lui non solo inizia di nuovo al balbettare ma persino si suicida. 
Di fronte all'evidente responsabilità della Ratched, McMurphy ha un attacco violento e aggressivo e tenta di strangolarla, e sta per riuscirci, quando un inserviente lo stordisce. Di fronte a quest'ultimo episodio, la commissione medica si convince che McMurphy è un malato pericoloso e che questa sua aggressività vada curata con una lobotomia. In altre parole u quella la scusa per fonderli il cervello e farlo diventare un vegetale. Oggi a livello sociale ci fondo il cervello con altre cose: calcio, denaro, tv spazzatura. ecc... il risultato è lo stesso: siamo passivi, non più pericolosi, pecore al macello.



TI PORTO VIA CON ME ...
Bromden, vedendo il suo amico in queste condizioni, senza più coscienza e forza di volontà, decide di non abbandonarlo al suo destino e, convinto che non valga la pena di lasciarlo vivere in quello stato, lo uccide soffocandolo con un cuscino. Poi strappa da terra il pesante lavabo di marmo, lo scaglia contro una finestra e fugge dalla breccia, correndo lontano verso la libertà, in Canada. 
   La morte cerebrale di McMurphy diede vita alla libertà di Bromden. Doveva compiere il loro sogno di fuga. Quando disse: "ti porto con me" è una frase lapidaria, quel amico era nel suo cuore, rimase prigioniero per liberare sogni ideali e speranze negli altri pazienti.









“L'ultima volta che l'ho visto era ubriaco fradicio, gli occhibruciati dall'alcool. Ogni volta che portava la bottiglia alla bocca, non era lui che la beveva: era la bottiglia che gli beveva il cervello. ”  "Grande Capo" Bromden

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